Fugnoli Alessandro Kairos Il rosso e il nero

Il Rosso e il Nero E la geopolitica?


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Il Rosso e il Nero E la geopolitica? Messa da parte dai mercati, resta comunque un fattore decisivo. L’Europa-mondo ha attraversato, nella sua modernità, quattro grandi conflitti civili, ovvero la guerra dei trent’anni, le guerre napoleoniche e le due guerre mondiali.

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Alessandro Fugnoli – Kairos Partners SGR – Il Rosso e il Nero


Ognuno di questi conflitti ha prodotto una risistemazione geopolitica. Westfalia, Vienna, Versailles e Yalta sono state però ispirate a principi profondamente diversi tra loro.

I trattati di Westfalia del 1648 hanno preso atto dell’incapacità di uno schieramento di prevalere sull’altro e hanno riconosciuto gli stati nazionali come soggetti sovrani a casa loro. Il congresso di Vienna del 1815 ha avuto invece vincitori e vinti ben definiti e ha agito sul principio di restaurazione e sull’equilibrio tra le potenze, con una logica di Realpolitik. Il trattato di Versailles del 1919 ha provato a sostituire la Realpolitik con i principi ideali wilsoniani dell’autodeterminazione dei popoli e del multilateralismo, con l’istituzione della Società delle nazioni. Yalta, nel 1945, ha rovesciato di nuovo la logica ed è tornata alla Realpolitik, adottando il principio delle sfere di influenza, che non teneva conto di quello di autodeterminazione.

La prima guerra fredda, dal canto suo, si è conclusa nel 1989 in un modo ancora diverso, per la prima volta senza trattati formali, ma con l’adozione di una pax americana universale e unipolare, per quasi vent’anni riconosciuta e accettata da tutti.

Come si vede, queste grandi risistemazioni sono sempre state immediatamente successive a grandi conflitti e non si sono mai prodotte in tempo ordinario di pace, magari per evitare una guerra imminente. Ci sono però stati, in particolare prima della seconda guerra mondiale, accordi e risistemazioni parziali, come a Monaco nel 1938 o con il patto germano- sovietico di non aggressione del 1939. Questi accordi, gli storici ne stanno ancora dibattendo, crearono una debole illusione di evitare o depotenziare il conflitto o una più realistica possibilità di rinviarlo, per arrivarvi più preparati.

Oggi, a seconda guerra fredda avviata, siamo in una fase di coabitazione di conflitti regionali circoscritti e di preparativi per un conflitto più ampio, da una parte, e, dall’altra, negoziati informali per produrre risistemazioni parziali atte a depotenziarlo, rinviarlo o evitarlo. Il conflitto caldo, con buona pace dei teorici della trappola di Tucidide, non è affatto inevitabile, ma una lunga prosecuzione della guerra fredda appare molto probabile, anche se tra freddo e tiepido c’è un continuo di sfumature.

La flotta americana davanti al Venezuela, la costruzione a tappe forzate di mezzi da sbarco cinesi evidentemente pensati per Taiwan, l’intensificarsi del conflitto in Ucraina con la decisione di utilizzare su larga scala missili a lunga gittata destinati a colpire in profondità il territorio russo e la possibilità concreta di un nuovo capitolo del conflitto tra Israele e Iran possono fare pensare a un avvio graduale di un conflitto generalizzato.

Si può però formulare un’altra ipotesi, come sembrano fare i mercati, e cioè che siano in corso risistemazioni regionali, in qualche modo concordate tra i grandi attori. Queste risistemazioni potrebbero essere ispirate a qualcosa di mezzo tra Westfalia e Yalta, con il riconoscimento di una pluralità di blocchi, dotati di una sfera di influenza riconosciuta dagli avversari e autorizzati a mettere ordine in casa loro.

E così, mentre per Cuba nel 1962 si sfiorò il conflitto nucleare, per il cambio di regime a Caracas c’è stato finora un sostanziale silenzio da Cina e Russia. Toni bassi americani, dall’altra parte, sui preparativi cinesi su Taiwan. I Tomahawk all’Ucraina, dal canto loro, possono essere letti più come una forte pressione sulla Russia per indurla a trattare seriamente che come un modo per cacciarla dalla Crimea. Quanto al medio oriente, un nuovo Sykes-Picot potrebbe prevedere un ulteriore indebolimento dell’Iran da una parte e, dall’altra, monarchie arabe (e Turchia) che accettano i piani di Abramo e confermano la scelta dell’ombrello securitario americano ma dividono la loro lealtà economica e commerciale tra America e Cina.

Riallineato il Venezuela, il petrolio potrebbe scendere stabilmente a 50 dollari per lungo tempo e tutti potrebbero continuare a reflazionare per via fiscale e monetaria senza temere sorprese dal lato dell’energia. L’America, prima di lasciare Taiwan, chiederebbe il completamento della migrazione dei semiconduttori taiwanesi negli Stati Uniti. La Cina potrà presto fare da sola sui semiconduttori e per lei Taiwan è un punto di onore più che un obiettivo economico. L’Ucraina, con una Russia ammorbidita dai Tomahawk, si avvierebbe a una soluzione coreana e a una blanda finlandizzazione di facciata della sua parte occidentale. Un modesto arretramento dei missili strategici lungo la linea di confine Nato-Russia e il ripristino di qualche istanza di confronto formale tra i due schieramenti potrebbero essere configurati come il nuovo ordine europeo chiesto dalla Russia. E così come Yalta lasciò aperte alcune questioni (come la Grecia) un accordo di massima nel futuro prossimo potrebbe lasciarne aperte altre (come la Georgia) senza pregiudicare l’architettura generale.

C’è naturalmente un’infinità di ostacoli per il prevalere di uno scenario di questo tipo, ma non è uno scenario impossibile. Ha quantomeno la stessa legittimità di esiti più inquietanti. I suoi riflessi sul piano economico sarebbero molto positivi perché al riarmo, che continuerebbe, si affiancherebbe un’abbondanza di fonti di energia, condizione necessaria alla corsa all’intelligenza artificiale.

I mercati, dicevamo, sembrano adottare implicitamente una visione di questo tipo o sembrano comunque non scontare rischi maggiori. Coprono saggiamente il loro ottimismo (ben visibile nei continui massimi segnati dalle borse, nella stabilizzazione della parte lunga della curva dei rendimenti e nella loro fiducia nella continuazione di politiche economiche espansive o comunque non più restrittive) con continui acquisti di oro.

È una fase molto fluida e i processi storici sono in accelerazione. Non si può avere l’illusione di riuscire a mantenere il controllo completo sui portafogli e bisogna accettare una certa dose di rischio. La diversificazione e il sovrappeso degli asset reali (incluso ovviamente l’azionario) dovrebbero comunque essere sufficienti, per il momento, a navigare questi nostri tempi.

a cura di: Kairos Partners SGR SpA.

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